Avv. Beniamino Chiaia Noya 

(1936-1995)

Un altro volto che, purtroppo, non incontreremo più nelle aule, nei corridoi del Palazzo di Giustizia: dal 21 novembre, Beniamino Chiaia Noya, il caro Bebè, vive nei nostri tanti ricordi e si riflette nell’impegno professionale e nella correttezza del figlio e collega Giuseppe.

Una vita affrontata con grande dignità, costruita in maniera esemplare nel quotidiano e nel lavoro, ancorata al forte equilibrio morale e cristiano che Gli ha consentito di resistere a lungo alla feroce malattia e di continuare a svolgere l’Avvocatura, sin quasi agli ultimi giorni, anche nelle aule giudiziarie: già, perché, come ci diciamo con amarezza, gli Avvocati non possono permettersi il lusso di ammalarsi!

Una vita troncata a meno di sessanta anni, nel pieno della maturità umana e professionale, con una famiglia sempre da tutelare, uno studio così noto da guidare, Beppe ancora giovane, da accompagnare nel difficile percorso della nostra professione.

Nel rapporto umano Bebè cercava di rendersi subito conto della qualità dell’interlocutore e dello stato d’animo dell’amico che incontrava ma, superata questa piccola fase di studio, accettato quindi l’incontro, la Sua cordialità diventava prorompente, arguti i Suoi interventi: Gli bastava captare un di simpatia nell’interlocutore, per manifestare subito quella gioia di vivere che, come ha ricordato nella Chiesa di S. Croce, DonFranco Renna, Parroco nella Rutigliano che tanto amava, era una Sua caratteristica.

Lo stesso breve ma penetrante esame precedeva sempre i Suoi interventi nell’attività professionale: Bebè preferiva prima ascoltare, non rifiutava mai la tesi contrapposta, agiva quasi di rimessa, interveniva con cautela ma riusciva ben presto ad analizzare gli aspetti più rilevanti della vicenda e ad affrontare con chiarezza e profondità ogni problema giuridico, sintetizzando il Suo parere verso le più adeguate soluzioni tecniche.

Il manifesto funebre che, con tanta tristezza abbiamo letto vicino al portone del Suo studio, in via Putignani n. 152, riportava due Sue grandi doti:

la certezza nella Fede, che ci permette di accettare la Volontà Divina e consente a chi è così duramente provato negli affetti familiari di continuare a vivere, e la Sua correttezza professionale: mai Bebè ha avuto contrasti marcati con altri Colleghi; sempre pronto ad una difesa tenace degli interessi del cliente, era disposto ad accettare e a capire ogni contrapposizione.

Arrivederci, caro Bebè, siamo certi che Tu ci attendi così come sempre hai fatto, pazientemente, nelle aule quando capitava a qualsiasi Collega di essere costretto a fare tardi.

Alla Sua adorata consorte Maria Luisa, a Francesca, al nostro Beppe, ai cari nipotini e ai familiari tutti, il sentito cordoglio del Sindacato e dei Colleghi del Foro.

ANGELO DI BARI